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al testo di Adielle
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Smettila di raccogliere i quarzi dalle forche cave della Luna il pianto non consuma solo gli occhi dei bambini tante volte il cielo si frantuma a disegnare nuvole vicine tra le tue braccia, per far prendere al fiume il giusto verso delle mani a bere un sorso d' acqua mentre la cima del monte si fa cresta e la Grotta dei Piccioni sembra l' occhio vuoto di un pirata. I covoni a valle si ricordano del grano in circoli virtuosi di poche parole e troppi bicchieri ma senza cantare una canzone di meno. Il fieno, il vino, le bestie da soma la sorgente segreta di una bellezza per tutti quando il fuoco trasforma i colori all' ombra del bosco e stiamo zitti per vedere fino a dove arrivino i pensieri nostri e di nessuno. E se ci fai caso, ad un certo punto della storia arriva sempre una stella a coprirci di gloria, per qualche secondo o un rumore lontano a farci paura. Ecco, con te, ecco con te, vorrei parlare di certe cose abbracciati nel sonno. Passare al setaccio il futuro per farne ricordi da latte da letto rotondo nelle ore notturne e ai giorni di festa mostrargli il petto da mandare in frantumi come Lancillotti in stato di grazia e Ginevre d' altura. Ma la mia paura è di restare da solo senza essere qualcuno che valga la pena di ricordare almeno per un atto di misericordia il tentativo di un volo, di un salto nel vuoto a misura del buio ognuno del suo, il mio ha la luce dei tuoi occhi neri quando guardano nei miei e non perdonano. Così il tempo passa, senza chiedere il permesso alle nostre vite e la clausura dei giorni diventa una Venere di cristallo e guai a chi la tocchi o siamo perduti a saperlo mai niente finisce davvero, anche quando va in frantumi a saperlo giudicare col senno di poi mentre siamo ancora vivi e in preda ai nostri sogni di gloria di rimozione meccanica dei dolori necessari il peccato mortale di morire invece di tornare giovani e restarlo per sempre senza essere uguali per questo o quell' altro motivo.
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